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sabato, marzo 22, 2008

La teoria della traduzione

La teoria della traduzione è una branca delle disclipline umanistiche che si occupa dello studio sistematico ed interdisciplinare della teoria, della descrizione e dell'applicazione della traduzione, dell'interpretariato o di entrambe queste attività.

La teoria della traduzione può essere normativa (e prescrivere le regole per l'applicazione di queste attività) o descrittiva.

Come scienza interdisciplinare, la teoria della traduzione prende in prestito parecchio dai differenti campi di studi che sostengono la traduzione. Questi comprendono la letteratura comparata, l'informatica, la storia, la linguistica, la filologia, la filosofia, la semiotica, la terminologia, la lessicologia ecc.

Si noti che in italiano e in molte altre lingue ci si riferisce a questo insieme di teorie anche con il termine traduttologia. Questo uso è considerato erroneo da molti, in quanto si basa pedissequamente sul nome francese della disciplina, la traductologie.

Problemi della traduzione
Idealmente un traduttore sceglie quelle strategie traduttive nella lingua d'arrivo che un madrelingua utilizzerebbe nella stessa situazione comunicativa.

Non sempre una parola nella lingua di partenza potrebbe essere sostituita 1:1 con una parola nella lingua di arrivo (come ad esempio per i colori o le cifre), spesso devono essere trasposte unità di senso più grandi come unicum (ad esempio proverbi, formule di cortesia, ecc.). La scelta dell'unità traduttiva corretta è quindi una delle tecniche a cui i traduttori si devono adeguare.

Due lingue si differenziano tuttavia anche a livello formale. Spesso nella lingua di partenza vi sono parole mancanti nella lingua di arrivo. E così in svedese non c'è nessun iperonimo per nonno, ma solo nonno materno (morfar) e nonno paterno (farfar). In francese e in inglese non c'è nessuna espressione per il tedesco Betriebsblindheit. Anche nella sintassi o nella preferenza di costruzioni con complementi di tempo o con sostantivi ci sono differenze. Quando il traduttore traspone le strutture della lingua di partenza in maniera determinata nella lingua di arrivo, la traduzione sembra in queste circostanze non idiomatica e formulaica. La formulazione inglese "it's nice and warm" potrebbe essere tradotta nella forma poco italiana "è bello e caldo". Al contrario, una forma idiomatica corretta potrebbe essere "c'è bel tempo". Allo stesso tempo "to go and buy" si traduce con "andare a comprare" e non con "andare e comprare". Questo dimostra che nella traduzione si devono considerare anche problemi di stilistica.

Uno dei maggiori apporti alla teoria della traduzione fu dato da Schleiermacher che, in particolare, introdusse concetti innovativi come, quello di considerare la lingua considerata come “visione del mondo” del popolo che la parla: fondamentale per la comprensione del discorso non è l’oggetto specifico, ma il modo in cui il pensiero di un individuo si esprime in lingua.

Per comprendere la singola espressione è necessario conoscere il contesto totale: la parola deve essere inserita nella frase, la frase nel capitolo, questo nel volume e il volume nell’opera dell’autore. Per fare tutto ciò, tuttavia, è inevitabile partire dalla comprensione delle singole parti per poi arrivare al tutto.

Secondo quanto dice nello Über die Verschieden Methoden des Übersetzen, inoltre, sono solo due i cammini che il vero traduttore può intraprendere o, meglio, far intraprendere; è, quindi, al traduttore che rimane la scelta tra il lasciare lo scrittore il più tranquillo possibile e far sì che sia il lettore ad andargli incontro, o, al contrario, lasciare il lettore il più sereno possibile e far sì che sia lo scrittore a dirigersi verso il mondo linguistico di questi. Si tratta in sostanza dell’eterno dilemma del traduttore: Dico ciò che l’autore ha detto, o dico quanto egli intendeva esprimere? Nel primo caso la traduzione è più o meno letterale ed il suo lettore deve interpretarne il senso, mentre nel secondo caso l’interpretazione è fatta dal traduttore ed il lettore del testo tradotto riceve un lavoro più comprensibile ma meno fedele all’originale. Nel primo caso c’è il rischio di perdere il concetto che l’autore voleva esprimere, nel secondo caso c’è il rischio di presentare il punto di vista del traduttore e non quello dell’autore. Per lo Schleiermacher, chi si appresta ad una traduzione deve assolutamente scegliere fra uno di questi due metodi


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